Il Cielo d'Ungheria

Le peregrinazioni e i pensieri di un Ingegnere che ha deciso di vivere un pezzo della propria vita nella terra magiara del Gulyas di Buda e di Pest, del Balaton, del Danubio. A Székesfehérvár.

martedì, febbraio 28, 2006

Giorni a Budapest.


Budapest è musica.

Ieri sono andato alla mostra di quadri di El Greco Velázquez Go
ya al Szépmuvészeti Muzeum, e nelle stesse sale del magnifico Museo subito dopo inizia un eccezionale concerto della Budapest Jazz Orchestra.



Budapest crea.

Mi siedo in un caffè di fronte alla Zsinagóga in Dohány utca, e sotto i miei occhi viene allestito un set Fotografico, luci pannelli treppiede cavi lampada l'occhio del fotografo.


Budapest sogna.

Budapest legge.

E dopo aver sognato e letto, Budapest scrive.
Come si può non scrivere, qui a Budapest.

Creare sognare desiderare sono la stessa cosa, sono la Vita stessa.
Sono il suo respiro ed il suo gusto, il sapore che senti nell'animo, il sapore della Vita stessa, quando i sogni inizi a ricordarli, quando le passioni inizi ad seguirle, quando inizi ad ascoltarlo quello che ti dice questo cielo, così blu, qui sopra di me, qui a Budapest.

F.

martedì, febbraio 21, 2006

Banchi.

Primo giorno di lezione.

Alla fine sono tornato sui banchi di scuola.
Come nei miei ricorrenti sogni.

Le sedie piccole, i banchi smangiucchiati, le scritte scavate lasciate nel loro legno (lasciare un segno , sì, non è sempre stato questo?).

Le facce attente, sogghignanti, sognanti, brufolose, le scritte sugli astucci, le felpe colorate, i visi sbarbatelli, i bisbibigli e le occhiate da un banco all'altro.
E la campanella, la lavagna, il gesso.

E questa volta, novità, la Sala Professori con una scrivania per me.
Questa volta la cattedra.
Anche il registro. Quello di classe. E quello con i numeri, quello dei brividi.
Chi lo avrebbe mai detto.

Le pareti il silenzio la testa di quello davanti, il pensiero che vola fuori dalla finestra alla telefonata del pomeriggio, a quello che lei ha detto , a quello che l'amico ti ha detto che lei ha detto, mentre la lavagna si riempie e tu fai finta di copiare sul quaderno ma invece la sola tua mano è lì, la tua mente invece sta volando .

Seduto qui, tra questi banchi.
Mi sembra di essere stato qui ieri.
Forse è così.

Anche se ora sono in Ungheria.
Anche se ora sono dall'altra parte della cattedra.

F.

venerdì, febbraio 17, 2006

La mia Budapest.

Sono sul treno, e sto tornando da Budapest.

"Com'è Budapest", mi chiederete.

Io non so se riesco a descrivere Budapest.

Non so se trovo le parole per descrivere una città splendida, maestosa, decadente, grandiosa, art-nouveau che pare Parigi.
Non so se sono capace di darvi l'idea della grandiosità del Danubio che separa Buda da Pest, i vialoni, i palazzi dell'800 di Pest.
Non so se riesco a descrivervi l'atmosfera che si respira, la voglia di tornare ai fasti ottocenteschi della "Parigi dell'Est", e di lasciarsi alle spalle il 900 come un brutto sogno, ma vivo nella memoria di tutti, e orgoglioso del suo eroico e tragico 1956 di cui quest'anno si ricorda il cinquantennale.


Non so se sono capace di darvi l'idea della *musica* che si respira ovunque, e non solo nei dintorni dell'Opera o della splendida Accademia della Musica in Liszt Ferenc ter. dove la musica classica la senti proprio per la strada uscire da quei finestroni.
Si sente, la musica, i walzer di Strauss o le arie di Verdi. Si sentono anche in mezzo al traffico. Sono lì.
Non solo perchè sono appena tornato da un coro Monteverdiano, di cui qui a fianco vedete una fotografia.
La musica, l'aria, le Arie, l'atmosfera di questa splendida maestosa orgogliosa città.




Non so se sono capace di descrivervela per come è.
Cercate le foto su Google, o meglio ancora, prendete un volo lowcost e venitemi a trovare, per vedere "com'è Budapest".
Tutto quello che posso cercare di farvi arrivare è come sia *la mia* Budapest.

F.

lunedì, febbraio 13, 2006

Il mio primo giorno a Szekesfehervar.


Sono arrivato.


Sono arrivato sabato, e ho dormito, dormito molto.
E' strano come ogni nuovo inizio, ogni nuova vita, ogni viaggio distacco rinascita implichi una sorte di morte.
"Partire è un po' morire" si diceva.

E di fatto dormire implica poi il risveglio.
E questo è metaforico.

Oggi mi sono presentato ai futuri amici colleghi della scuola dove insegnerò, in inglese, qui a Szekesfehervar (si', ho imparato a pronunciarlo il nome della cittadina). Ho finalmente una connessione a Internet.
Ho iniziato a capire che quando mi dicevano "si iu", non dicevano "see you", ma "sziu" (credo), che significa semplicemente .. Ciao.

A volte le cose difficili sono le più facili.

Fa freddo. Ma non freddissimo. Poteva essere molto peggio.
C'è neve per le strade, ma non tanta, e la primavera è alle porte, si sente, persino qui, dove il vento è più freddo, dove soffia e viene da chissà dove.
Ma la rinascita è qui, sotto la neve.

Mi sono portato un po' di libri qui con me in Ungheria.
In fondo dovrò insegnare solo 20 ore alla settimana e molti insegnanti arrotondano facendo altri lavori, e anche a me hanno chiesto se volessi magari andare a insegnare Italiano in una scuola privata qui vicino.
Ma ho risposto di no.
Non ho voglia di arrotondare lo stipendio.
Ma magari di arrotondare me stesso.

Leggerò, penso.
E scriverò, anche.

Uno dei libri che ho portato è "Il Fu Mattia Pascal".
Lo sto rileggendo.
Non so se mi sento Adriano Meis.
Di sicuro non mi sento (più) Mattia Pascal.

F.