Il Cielo d'Ungheria

Le peregrinazioni e i pensieri di un Ingegnere che ha deciso di vivere un pezzo della propria vita nella terra magiara del Gulyas di Buda e di Pest, del Balaton, del Danubio. A Székesfehérvár.

sabato, maggio 06, 2006

Maturità. Ballagás.

Mi sono sempre chiesto perchè si chiamino esami di maturità.

Qui gli esami sono in questi giorni, e vengono celebrati in maniera belissima ed ufficiale, ancora prima degli esami stessi.
La cosidetta cerimonia del "Ballagás", l'uscita dalla scuola.

La foto di classe è ufficiale, con il preside la vicepreside tutti i loro prof (io non insegno alle 12esime, peccato), e le loro facce serissime in posa, e questo tabellone rimarrà appeso nella scuola, sarà parte della scuola per gli anni a venire. Oltre ad essere mostrato con orgoglio per tutta l'estate nelle vetrine della città. C'è scritto: ci incontriamo di nuovo nel 2011.

Il "Ballagás", una grande cerimonia, sabato scorso, nel campus della scuola, il preside, l'inno nazionale, i prof, discorsi, i ragazzi dell'ultimo anno tutti in fila seri in giacca e cravatta. Zitti. Alcuni, i più ribelli in prima fila con la cravatta sì, però gli anfibi ai piedi.
Chissà a cosa pensavano
quei ragazzi.

E il giorno prima persino le prove della loro sfilata ufficiale (letteralmente "Ballagás"), come si vede qui nella foto, vestiti però goliardicamente da donne da carcerati da preti, festeggiando, ridendo, tutti insieme ancora una volta un'ultima volta tutti insieme, sfilando di fronte a noi.
Dopo aver cantato, la notte prima, una serenata "Szeren
ád" sotto casa dei loro prof, per ringraziarli e chissà magari anche per ingraziarseli in vista degli esami, e i prof li fanno salire a casa e da quel momento non sono più insegnante e alunni ma solo esseri umani. Fuori dai ruoli. Fuori.

Sabato mattina la mia scuola era meravigliosa, tutta addobbata a festa, tantissimi fiori, ovunque, in tutte le aule, fiori profumatissimi e viola e rami di pino nuovo verde chiaro, le mamme le nonne i nonni i fratellini tutti vestiti a festa e pure io ho messo la cravatta e i ragazzi, la loro festa, la loro uscita, la loro vita.

L'usanza è che i ragazzi portino con sé una borsettina con il nome della scuola, con dentro tutto quello che potrà essere loro utile là fuori. Là fuori, nel mondo.
E tradizionalmente dentro c'è una "pog
ácsa" (focaccina) del sale (per dare sapore alla vita) una matita ed un piccolo quadernetto (per fermare i pensieri e le sensazioni) un fiorino (per comprare il pane ed un tetto).
Tutto quello che serve, là fuori.


Tutto questo, prima degli esami.

Gli esami.
La notte prima. Questa notte è ancora nostra.
La versione di Cicerone, le frasi fatte sul Calonghi le frasi fatte ai compagni l'aula magna il tema vagamente politico in cui dire e non dire e l'orale la tensione come mai prima il ripasso gli amici lì dietro e l'inizio, ti siedi, la tragedia di Euripide letta in metrica interpretando i tuoi stessi segni leggerissimi invisibili a matita la critica la figura di Alcesti Eracle Apollo O Dòmata Admeteì, èn oìs etlèn egò O Reggia di Admeto in cui sopportai di servire pur essendo un dio, e l'ulivo sacro, vuole un sorso d'acqua, mi danno del lei!, si grazie, ora matematica ah anche analisi matematica bene, e poi fine finito, tutto finito, finita la maturità, inizia tutto cioè, vacanza sì, l'elba, i tabelloni, e poi, e poi università ingegneria sì, e poi, e poi la vita, e la vita. Senza la borsettina.

La vita.
Cioè ora.

La maturità.
Ballagás, uscita. Inizio.
Forse, alla fine, è giusto che porti questo nome.

F.

2 Comments:

At maggio 17, 2006 1:48 PM, Anonymous Anonimo said...

Hi Francesco!
it's me Andras from 10/G.
I have just watched over your site, but unfortunately I don't understand much, but Imlike the pictures!
All the best, see Youin the school4

 
At maggio 29, 2006 6:50 PM, Anonymous Anonimo said...

Ciao Francesco!
ma che dilemmi metti nella testa? si legge una cosa così e si infrange anche la mia diffidenza verso il blog per cercare... la la la
la borsettina!La borsettina. Mi ha fatto pensare questa borsettina con le frangettine: perchè cosa c'è dentro com'è fatto è buona la focaccina di che colore la carta e ha una zip o un bottone quel quadratinorettangolino di stoffa, chiusa o forse aperta e che filo tiene il suo prezioso contenuto e a cosa sta attaccata e tra le mani si tiene o al collo o nelle tasche? Bè è una borsetta non un fazzoletto e nenche un demenz quiz, forse meglio su una spalla mi risponderebbe uno dei ragazzi della "Ballagàs".
Ma le altre domande niente, sono rimaste lì sospese tra le fessure della rete e l'aria di primavera ungherese. Ho immaginato che forse assomiglia a quella che ho anch'io: un pò sul tavolo un pò nell'armadio qualche volta in giro, altre al collo o alla cintura ma sempre comunque con me! Sì ce l'ho anch'io la borsettina, un giorno me l'hanno data, e tanti ci hanno messo e stanno continuando a metterci un filo una cucitura, chi un bottone chi un pò di tela dove la trama cede. Con lei non mi sento perduta. E' fatta di tante cose lei. E ha fatto un pò di strada già.
Resta con me, qui ora, le canterei, stai con noi sempre borsettina intrecciata con la fatica delle nostre e altrui mani, di chi e-ducandoci ci ha sorretto e ci sorregge e ci sorreggerà. E pur con la coscienza del cuore imprevedibile dei viaggi e dei ritorni, sotto lo sguardo certo e trepidante dell'aria nuova della nuova stagione, caro ragazzo che dalla maturità va nel mondo, quel CHI vedendoti allontanare con lei in spalla o tra le dita si ripete: "si ricorderà di chi gliel'ha data", sì vedendoti da dietro quel vetro dirà "quel filo quella stoffa piena di sale e speranza ti ricorderanno che IO che t'ho accompagnato all'uscio del tuo giardino non t'ho mollato del tutto" e forse un giorno il ragazzo dalle scarpe ribelli dirà davanti all'ennesimo treno, incamminato sulla lunga strada dei giorni: "l'ha l'aveva, l'avevano preparata apposta per me".
Quella borsetta dei tuoi ragazzi, Francesco, mi fa pensare alla foto che ieri ha vinto al Reiyukai, ai fili di un tappeto che solo in apparenza dividono e celano allo sguardo i tessitori che, dietro, invece a dispetto delle apparenze pazientemente continuano a tessere un tappeto splendidamente variegato. Magari quelle stoffe si stenderanno lungo l'altare della ferialità e nella banalità dei week end, con gli stessi colori sempre e il ragazzo che esce dal cortile forse proverà un brivido , un' emozione riguardandosi lì fuori ormai incamminato con la sua borsettina tra le mani. E scivolerà forse tiepida e brillante una lacrima.
Feliciana*

 

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